giovedì 11 dicembre 2008
Famiglia e lavoro: sulla conciliazione l'Europa corre, mentre l'Italia inizia a muovere i primi passi. Lo conferma il Rapporto dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia, curato dai sociologi Pierpaolo Donati e Riccardo Prandini, presentato ieri a Bologna.
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Famiglia e lavoro: sulla conciliazione l'Europa corre, mentre l'Italia inizia a muovere i primi passi. Lo conferma il Rapporto dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia, curato dai sociologi Pierpaolo Donati e Riccardo Prandini, presentato ieri a Bologna. Il punto di partenza dello studio è che a livello nazionale già esistono strumenti classici per conciliare lavoro e cura della famiglia, come i servizi alla prima infanzia e i congedi parentali. Ma i primi sono insufficienti e distribuiti sul territorio a macchia di leopardo. Qualche dato aiuta a capire perché. L'80% dei nidi comunali si trova al Nord; le liste d'attesa sono molto lunghe (in Toscana, per esempio, i bimbi che aspettano il posto al nido sono 8.671, quasi 8.000 in Piemonte e oltre 5.000 in Emilia Romagna). Al Sud invece è diffuso il servizio privato (oltre il 50% dei nidi in Sicilia mentre in Calabria sono private 85 strutture su 100). Tra i possibili interventi il rilancio dei voucher di conciliazione: istituiti dalla programmazione dei Fondi sociali europei sono titoli di accesso a servizi pubblici e privati o a corsi di formazione. Essi garantiscono servizi di accoglimento dei figli in strutture educative o di accoglimento in strutture assistenziali per anziani o disabili; e ancora di pulizie e pasti a domicilio sempre per la stessa categoria di persone. A Bologna è stato lanciato il progetto «Docet» orientato ad offrire alle lavoratrici atipiche la possibilità di acquistare servizi di cura per l'infanzia. Esperienza analoga a Modena mentre a Ravenna è stato predisposto un voucher di cura. Tutte le iniziative hanno avuto un raggio di azione limitato a non più di 15 destinatarie, anche per il basso livello di finanziamento e la dimensione locale delle sperimentazioni. I congedi parentali sono previsti da una legislazione valida, ma sono utilizzati solo dalle donne. In questa situazione di ritardo culturale il convegno bolognese ha lanciato alcune proposte in tema di congedo per allineare il Paese all'Europa. A cominciare da un allungamento di quattro settimane del congedo di donne con parti gemellari e l'innalzamento al 100% della retribuzione per lavoratrici dipendenti e parasubordinate. Nel nostro Paese, inoltre, non esiste un vero e proprio congedo di paternità in quanto è limitato ai casi di grave infermità o morte della madre o di abbandono del bambino. Per rimediare alla carenza si potrebbe, suggeriscono i ricercatori, introdurre congedi di paternità pari a 5-10 giorni lavorativi, con una copertura integrale della retribuzione e una possibilità di accesso per tutti i padri lavoratori. Anche per quanto riguarda la flessibilità d'orario si procede al rallentatore: i progetti presentati e finanziati dal 2001 ad oggi sono cresciuti anche se il loro numero è ancora troppo basso e con una qualità ancora scarsa. Le regioni che lo hanno utilizzato sono tutte al Nord. La Regione che ha il più alto rapporto tra progetti presentati e finanziati è l'Emilia Romagna, seguita da Toscana e Lombardia. Nel Rapporto dell'Osservatorio è incluso un Piano nazionale sulla famiglia con alcune proposte di carattere generale che toccano il welfare pubblico. «Occorre " sintetizza Prandini " aumentare la qualità e la quantità della partecipazione dei genitori ai servizi della prima infanzia, ma anche i servizi per i bambini che già vanno a scuola, creare congedi familiari per la cura di anziani, aumentare la forza lavoro nei servizi alla persona, estendere il sistema dei congedi ai lavoratori atipici, finanziare i congedi con una parte dei fondi dedicati alle pensioni, così da allungare il periodo di lavoro, rendere disponibile la scelta per i genitori che vogliono rimanere a casa con i loro figli per il primo anno di età, sviluppare tutte le politiche di conciliazione interne alle aziende».
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